LA NON AUTOSUFFICIENZA, UN TEMA CHE MERITA ATTENZIONE

La NON AUTOSUFFICIENZA è un tema ancora poco conosciuto o considerato fino in fondo nella nostra società. Si tratta di una condizione in cui la persona si viene a trovare nel corso della vita sia perché è giunto ad un’età anziana che quindi porta con sé diverse limitazioni, sia perché è potuto intervenire un evento accidentale che ha causato alla persona, anche in età più giovane, una limitazione della propria autosufficienza.

E’ bene quindi considerare il tema in un ottica di maggiore consapevolezza della condizione umana. La società odierna è volta ad un’immagine di perfezione e infallibilità che spesso i modelli pubblicitari sponsorizzano. Tutto appare privo di difetti o problemi. La società corre verso il concetto del “bello ed eterno”, senza considerare la caducità inevitabile della vita. E’ vero che l’aspettativa di vita si è allungata, non si muore più per malattie che prima risultavano letali, c’è stato un miglioramento nella medicina e nella scienza che alcuni decenni fa sembravano inarrivabili. Ma nonostante il progresso della medicina e l’allungamento dell’aspettativa di vita, vanno considerate le condizioni in cui le persone si trovano a vivere gli anni della vecchiaia. Si vive più a lungo, ma non vuol dire che si goda di buona salute o di uno stato di benessere psicofisico adeguato. Molte infatti sono le malattie cronico degenerative che colpiscono le persone in età più avanzata che durano negli anni e si aggravano con il loro persistere. Tali malattie risultano particolarmente ostiche nel trattamento di lungodegenza, influenzando diversi fattori. Ciò in quanto la malattia non colpisce solo la persona che ne soffre, ma influisce anche sulla famiglia o chi se ne occupa in maniera quotidiana. Le malattie cronico degenerative più comuni come l’Alzheimer, il Parkinson, portano con sé sviluppi gravemente invalidanti a livello psichico- motorio che non possono essere trattati con semplici farmaci o ricoveri ospedalieri. Si tratta di malattie che nel corso del tempo portano i malati ad una totale perdita della propria autosufficienza e quindi una totale dipendenza dall’altro. Ciò significa che la cura di malati non autosufficienti deve essere una cura costante, quotidiana di totale dedizione al malato.

La perdita della propria autosufficienza si può misurare attraverso dei fattori che venendo meno, portano alla definizione di NON autosufficienza. Si tratta di sei azioni che comunemente caratterizzano la nostra quotidianità e che spesso vengono dati per scontato: LAVARSI, CURARE L’IGEINE PERSONALE, VESTIRSI, ALIMENTARSI, SPOSTARSI, CONTROLLARE LE PROPRIE FUNZIONI CORPORALI. Nel momento in cui quattro di queste sei azioni, vengono inibite dalla malattia e quindi si diventa dipendenti da un’altra persona per provvedere ai propri bisogni, viene meno la propria autosufficienza.

Tale condizione può insorgere anche a seguito di un infortunio, un incidente, una malattia diversa che compare in età non propriamente avanzata, ma allo stesso tempo invalidante. Tutto ciò in termini pratici comporta un forte apporto in termini di cure del malato poiché l’accudimento e la presenza di una persona dedicata deve essere costante nell’arco della giornata e quindi degli anni. L’impatto quindi di una persona non autosufficiente sul nucleo familiare è totale. La famiglia viene coinvolta in maniera permanente e colpita sia a livello economico che emotivo nell’assistenza al malato. Spesso la cura del malato viene affidata alla persona più prossima in casa, quindi il coniuge, il figlio convivente. Ma spesso se si tratta di una persona sola, o di un genitore che vive in altra città l’assistenza non è così scontata e si generano dinamiche difficili da sostenere o gestire.

Nei casi in cui la persona che si prende cura del malato vive con lui, è frequente una gestione totale della malattia e di tutto quanto ne deriva in capo al singolo senza soluzione di ricambio nell’assistenza.  In questo tipo di assistenza, la persona che accudisce in maniera permanente il malato senza alcuna pausa, con l’impatto emotivo che una malattia del genere provoca, cade nel burnout. Ossia in una condizione di stress profondo legato al processo d’aiuto, che coinvolge sia la persona che accudisce, sia quella accudita.

L’assistenza messa in campo dal singolo, è un tipo di accudimento che spesso viene improvvisato e reca un forte stato di impotenza e frustrazione. Nell’attività pratica si aiuta il malato o ci si sostituisce nell’igiene personale, nel mangiare, ma spesso ci si chiede se tutto ciò sia fatto bene. Ma non solo, l’insorgenza di uno stato di non autosufficienza provoca uno sconvolgimento della struttura familiare, perché spesso chi deve accudire è il partner in età anziana che non può sostenere questo impegno, e quindi tocca al figlio che però deve trovare la modalità di conciliare l’assistenza con il lavoro, o lasciarlo del tutto.

In altri casi le persone non autosufficienti si trovano ad essere accuditi da persone estranee, perché non si trovano in prossimità dei figli, perché lavorano e non possono occuparsene, oppure hanno deciso di essere accudite da personale esperto, magari in una struttura o hanno assunto una badante giornaliera.

Questo tipo di assistenza genera altre dinamiche che in ogni modo colpiscono la famiglia del malato che deve fare i conti con la realtà. Infatti decidere di far assistere un malato non autosufficiente da una badante significa contrattualizzare la lavoratrice h24. Poiché l’assistenza è continua e spesso anche notturna. Stessa cosa vale per il ricovero in struttura, ossia bisognerà sostenere una retta mensile per l’accudimento del malato.

Le ultime due circostanze in particolare ma anche quella dell’assistenza domiciliare di un familiare, mostrano come l’assistenza di un malato non autosufficiente sia dispendioso in termini di tempo e denaro. La continua presenza di una persona vicino al malato è un bisogno imprescindibile. Quindi garantire un lasso di tempo ampio quanto una giornata è molto difficile e oneroso. Una badante h24 avrà in ogni caso diritto da contratto a ferie, permessi, giorno libero. Assenze che dovranno essere sostituite in altro modo, magari pagando qualcun altro, lasciando il lavoro per qualche periodo. Oppure pagando una retta presso strutture di lungodegenza.

Questa soluzione apparentemente più semplice a livello di assistenza continua, pone la famiglia in difficoltà economiche in quanto spesso non è possibile affrontare una spesa del genere. Stessa cosa per i malati a domicilio affidati ad una sola persona. Il familiare dedito all’assistenza non potrà allontanarsi nemmeno per poter sbrigare la burocrazia che la malattia genere, o di cui può beneficiare.

E’ questo il tema della non autosufficienza. E non può essere tralasciato o ignorato. Si pensi infatti che l’Italia è un paese demograficamente vecchio, ove l’incidenza degli anziani è forte. Gli anziani ultra ottantenni sono in crescita e la loro condizione di salute non è fiorente. Per cui lo Stato dovrebbe disciplinare in maniera puntuale ed adeguata il tema e i sostegni economici concreti e duraturi per le persone non autosufficienti. Il welfare in questo campo risulta carente, e in forte discrasia per le diverse malattie. I fondi dedicati sono una palese presa in giro per le persone che hanno acclarato una malattia e che ne soffrono da anni. Si trovano spesso costrette a produrre una marea di certificazioni per poter accedere a progetti di assistenza in una guerra tra poveri, in cui i criteri di accesso sono tutto fuorché inclusivi.

La non autosufficienza è uno status, una condizione di irreversibilità. E’ anacronistico che si debba ancora dimostrare o rinnovare la propria condizione in vista di un assistenzialismo spicciolo che getta i malati e le loro famiglie ancor più nello sconforto.

Per fortuna ove non arrivano le istituzioni, c’è sempre il privato o il Terzo settore che attraverso le proprie reti supporta le persone nell’assistenza pratica del malato o nell’agevolazione di alcune pratiche di reperimento di farmaci o ausili indispensabili.

A livello economico invece, pur di riuscire a garantirsi un piccolo sostegno economico, le famiglie dei malati si rivolgono alle Assicurazioni che sempre più stanno promuovendo prodotti adatti alle esigenze e alle tasche delle famiglie con malati non autosufficienti. Con premi minimi, la famiglia può contare su rendite mensili adeguate anche alla permanenza in struttura o ad una diversa organizzazione della cura dei malati.

Ciò non toglie che lo Stato possa rimanere inerte difronte a un problema così forte per la società intera.

Giovanna Testa

Responsabile Giovani AST Cisl Molise

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